08.05.01

Cessioni all’esportazione

Si è in presenza di una cessione all’esportazione, ai fini IVA, qualora, oltre al trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento del bene, quest’ultimo fuoriesca dal territorio UE.

Le cessioni all’esportazione sono non imponibili ai sensi dell’art. 8 del DPR 633/1972, e si distinguono in:

  • Esportazioni dirette (art. 8 co.1, lett. a) del DPR 633/1972);
  • Esportazioni improprie (art. 8 co.1, lett. b) del DPR 633/1972);
  • Esportazioni indirette (art. 8 co.1 lett. c) del DPR 633/1972).

 

esportazioni dirette

I beni sono trasportati fuori dalla UE a cura (con mezzi propri di quest’ultimo) o a nome del cedente (questi deve figurare quale mittente sul documento di viaggio del vettore incaricato). La circostanza secondo cui il trasporto sia “a cura o a nome” del cedente non esclude la possibilità che le parti decidano poi di porre il costo del trasporto a carico dell’acquirente.

 

Requisiti

  • Il cedente deve essere un soggetto passivo stabilito o identificato (direttamente o tramite rappresentante) in Italia. Nelle esportazioni dirette i requisiti soggettivi sono rilevanti solamente per quanto riguarda il cedente. Sono invece irrilevanti sia la nazionalità sia lo status del cessionario (che potrà essere nazionale, comunitario extracomunitario ed essere o meno un soggetto passivo;
  • Si deve verificare una cessione di beni ex art. 2 del DPR 633/1972 (i.e. trasferimento della proprietà o di un diritto reale;
  • I beni devono essere trasferiti o spediti fuori dal territorio UE;
  • Il trasporto o la spedizione devono avvenire a cura o a nome dei cedenti o dei commissionari, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. È necessario conservare la relativa documentazione ai fini probatori (ad esempio copia del contratto di trasporto o spedizione). 

 

Fatturazione differita 

L’espletamento delle formalità doganali, in caso di cessione onerosa, richiede la disponibilità della fattura di vendita con la conseguenza che non è possibile ricorrere alla fatturazione differita di cui all’art. 21 co. 4 (circolare n. 35 del 13.02.1997) a meno che nell’operazione di esportazione intervengano altri soggetti (operazioni con commissionari o triangolazioni). 

 

Acconti

Gli acconti relativi alla cessione di beni destinati all’esportazione vanno fatturati in regime di non imponibilità anche se incassati anteriormente al trasporto o alla spedizione del bene al difuori del territorio comunitario (risoluzione n. 525446del 18.04.1975). 

 

Fattura riepilogativa

Al momento della consegna o spedizione dei beni occorrerà emettere una fattura riepilogativa (non imponibile) relativa alla cessione recante il prezzo complessivo e gli estremi di fatturazione e registrazione degli acconti. Tale fattura (che accompagnerà la merce per l’espletamento delle formalità doganali) andrà registrata ma concorrerà al volume d’affari per il solo saldo eventualmente dovuto. 

 

Cessioni gratuite 

L’onerosità del trasferimento è irrilevante ai fini della qualificazione dell’operazione (che resta non imponibile). Tuttavia, secondo l’Agenzia delle Entrate, le esportazioni prive di corrispettivo (“franco valuta”) non concorrono alla formazione del plafond (circolare n. 156/E del 15.07.1999). 

 

Imposta di bollo

Le fatture per esportazioni improprie sono esenti dall’imposta di bollo ex art. 15 della Tabella allegata al DPR 642/1972. 

 

Prova dell’esportazione

Al fine di potere beneficiare del regime di non imponibilità di cui all’art. 8 co. 1 lett. a) del DPR 633/1972, gli operatori sono tenuti a dare prova dell’effettiva fuoriuscita delle merci dai confini dell’UE.

Il sistema comunitario di controllo automatizzato all’esportazione (c.d. “Export Control System” o “ECS) ha contribuito a semplificare le verifiche in ordine alla movimentazione delle merci.

Infatti, nell’esportazione diretta, di cui all’art. 8 co. 1 lett. a) del DPR 633/1972, i soggetti coinvolti sono il cedente italiano, intestatario della bolletta doganale, ed il cessionario extracomunitario. Con l’entrata in vigore del sistema ECS elemento fondamentale per provare l’esportazione diretta è diventato il DAE (Documento di Accompagnamento all’Esportazione) nel quale è riportato il codice MRN (Movement Reference Number).

Il DAE viene rilasciato dalla dogana di partenza allo spedizioniere o direttamente all’esportatore e scorta la merce durante il trasporto fino alla dogana di uscita dall’Unione Europea.

La dogana di uscita verificherà, infine, che le merci abbiano fisicamente lasciato il territorio UE e invierà, mediante il sistema AIDA (Automazione integrata dogane accise), il messaggio “risultati di uscita” all’ufficio doganale di esportazione. L’esito positivo dell’operazione (“uscita conclusa” vedi portale www.adm.gov.it) e, conseguentemente, la prova dell’avvenuta esportazione, potranno essere reperiti consultando la sezione “Tracciamento di movimenti di esportazione o di transito (MRN)”, presente nel portale dell’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli.

 

esportazioni improprie 

I beni devono essere trasportati fuori dalla UE dall’acquirente, o da terzi per suo conto, entro 90 giorni dalla consegna (art. 8 co.1, lett. b) del DPR 633/1972). 

 

Requisiti

  • Il cedente deve essere un soggetto passivo stabilito o identificato (direttamente o tramite rappresentante) in Italia;
  • Il cessionario deve essere un soggetto non residente in Italia, comunitario o extracomunitario;
  • Si deve verificare una cessione di beni ex art. 2 del DPR 633/1972 (i.e. trasferimento della proprietà o di un diritto reale;
  • I beni devono essere materialmente trasferiti o spediti nello “stato di origine” (ciò senza aver subito lavorazioni trasformazioni anteriormente all’esportazione) fuori dal territorio UE;
  • Il trasporto o la spedizione devono avvenire a cura del cessionario non residente (cioè con mezzi propri) o per suo conto (cioè affidando l’incarico un terzo), anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. È necessario conservare la relativa documentazione ai fini probatori (ad esempio copia del contratto di trasporto o spedizione);
  • l’esportazione deve perfezionarsi entro 90 giorni dalla consegna al cessionario. 

 

Mancata esportazione 

Qualora il cliente non residente non adempia gli obblighi di esportazione, il cedente deve procedere alla regolarizzazione dell’operazione, entro i successivi 30 giorni, con applicazione dell’imposta e conseguente versamento dell’IVA dovuta. A seguito di tale regolarizzazione, l’operazione perde la natura di operazione “non imponibile”, diventando fin dall’origine “operazione imponibile”. 

Oltre il termine di 30 giorni, si applica la sanzione amministrativa dal 50 al 100 per cento del tributo (art. 7, co. 1 del D.lgs. 471/1997). Resta impregiudicata la possibilità di procedere al ravvedimento operoso ex art. 13 del D.lgs. 472/1997.

 

Imposta di bollo

Le fatture per esportazioni improprie sono esenti dall’imposta di bollo ex art. 15 della Tabella allegata al DPR 642/1972. 

 

Prova dell’esportazione

Anche in questo caso, al fine di potere beneficiare del regime di non imponibilità di cui all’art. 8 co. 1 lett. b) del DPR 633/1972, gli operatori sono tenuti a dare prova dell’effettiva fuoriuscita delle merci dai confini dell’UE.

In particolare, per le cessioni all’esportazione in esame, l’art. 8, co. 1, lett. b) del DPR  633/1972 richiede la vidimazione apposta dall’Ufficio doganale o dall’Ufficio postale su un esemplare della fattura.

Nonostante l’introduzione del sistema informatico di controllo delle esportazioni ECS, la prova dell’esportazione continua ad essere costituita da un esemplare della fattura munita del timbro apposto dalla dogana di uscita (circolare Assonime 17 marzo 2014, n. 10, § 2).

Secondo l’Amministrazione finanziaria, infatti, il DAE, munito del “visto uscire”, resta in possesso del cessionario non residente che cura l’esportazione, per cui il cedente italiano non sarebbe in grado di dimostrare l’avvenuta esportazione (circolare n. 35 del 13.02.1997, § 4).

 

esportazioni indirette

I beni sono ceduti ad esportatori abituali (art. 8 co.1 lett. c) del DPR 633/1972). La disposizione è sostanzialmente finalizzata ad alleviare le difficoltà finanziarie, relativa al recupero dei crediti IVA, in cui incorrono. Sulla base del tenore letterale del citato art. 8 co. 2 del DPR 633/1972, la circolare n. 70/502886 dell’8.11.1973 ha precisato che il regime di non imponibilità “trova applicazione soltanto nei confronti di quelle imprese che abbiano nello Stato la residenza, il domicilio o una stabile organizzazione”. Occorre, purtuttavia, segnalare che il  Ministero delle Finanze ha chiarito che l’agevolazione compete anche ai soggetti indentificati in Italia mediante rappresentante fiscale (risoluzione n. 102/E del 21.06.1999), nonché in caso di identificazione diretta del soggetto non residente (risoluzione n. 80/E del 4.08.2011, risposta n. 148 del 4.03.2021). 

Di conseguenza, dall’agevolazione sono esclusi “i soggetti residenti all’estero che effettuino occasionalmente mansioni nel territorio dello Stato che, comunque, non abbiano il domicilio o una stabile organizzazione”. 

 

Regime degli esportatori abituali

Gli operatori economici, che effettuano operazioni con l’estero, possono acquistare beni e servizi senza dover corrispondere l’IVA ai propri fornitori, nell’ambito di un plafond che si sono costituiti mediante la trasmissione telematica delle c.d. dichiarazioni d’intento (art. 8 co. 1 lett. c, del DPR 633/1972). 

Le condizioni di accesso al regime sono stabilite nell’art. 1 del DL 746/1983 che stabilisce una soglia minima di rilevanza con riferimento all’ammontare delle cessioni all’esportazione e delle altre operazioni che concorrono alla formazione del plafond

Non possono accedere al regime i soggetti che si trovano nel primo anno solare di attività in caso di utilizzo del plafond fisso (o nei primi 12 mesi di attività nel caso di utilizzo del plafond mobile) per mancanza di un periodo di riferimento da computare.

 

Soglia minima

Il contribuente acquisisce lo status di “esportatore abituale”, e quindi il diritto al beneficio, se le operazioni che concorrono alla formazione del pafond effettuate e registrate nel periodo di riferimento (a scelta dell’operatore, l’anno solare precedente o i 12 mesi precedenti), superano la soglia del 10% del volume d’affari rettificato (determinato a norma dell’art. 20 del DPR. 633/1972, senza tener conto dei beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale) del periodo corrispondente.

 

Volume d’affari rettificato 

Il volume di affari Iva “rettificato” è dato dall’ammontare delle operazioni imponibili, non imponibili, esenti (al netto delle cessioni di beni ammortizzabili materiali e di beni immateriali: diritti di brevetti industriali, di utilizzazione delle opere dell’ingegno, di concessioni e marchi di fabbrica) registrate nell’anno solare precedente (plafond fisso) o nei dodici mesi precedenti (plafond mobile), escluse:

  • le cessioni di beni in transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale, che non si considerano territorialmente rilevanti nel territorio dello stato (art. 7- bis , co. 1, del DPR 633/1972);
  • le operazioni di cui all’art. 21, co. 6-bis, del DPR 633/1972, ossia le operazioni non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale (di cui agli artt. da 7 a 7-septies del DPR 633/1972), per le quali è stato espressamente previsto l’obbligo di emissione della fattura allorché si tratti di cessioni di beni e prestazioni di servizi.

 

Acquisti agevolati

Sono ammessi al beneficio tutti gli acquisti di beni e di servizi e tutte le importazioni di beni, eccezion fatta per i fabbricati e per le aree edificabili.

 

Adempimenti 

Al fine di poter acquistare dai propri fornitori beni e servizi non imponibili IVA, nel limite del plafond, l’esportatore abituale deve redigere e trasmettere un’apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate denominata dichiarazione di intento.

La Legge n. 58/2019 ha introdotto, con effetto 2020, le seguenti novità in materia di dichiarazione d’intento (si veda anche la nota dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del 12 luglio 2019, n. 69283/RU):

  • gli esportatori abituali non hanno più l’obbligo di consegnare ai propri fornitori la dichiarazione d’intento e la ricevuta di presentazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate, ma soltanto l’obbligo di presentazione telematica della dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate (che rilascia apposita ricevuta con indicazione del protocollo di ricezione);
  • la dichiarazione d’intento può riguardare anche più operazioni. Tale previsione è in linea con quanto già contenuto nella risoluzione 38/E del 13.04.2015, in merito alla possibilità di utilizzare una dichiarazione d’intento anche per una serie di operazioni doganali d’importazione, fino a concorrenza di un determinato ammontare da utilizzarsi nell’anno di riferimento;
  • nelle fatture emesse nei confronti degli esportatori abituali (ovvero dall’importatore nella dichiarazione doganale) si devono indicare gli estremi del protocollo di ricezione della dichiarazione d’intento rilasciati dall’Agenzia delle Entrate;
  • abrogazione dell’art. 1 co. 2 del D.L. 29.12.1983, n. 746, che comporta il venir meno dell’obbligo di redigere la dichiarazione d’intento in duplice esemplare, di numerarla progressivamente dal dichiarante e dal fornitore o prestatore, di annotarla entro i 15 giorni successivi a quello di emissione o ricevimento in apposito registro e di conservarla, nonché di indicarne gli estremi nelle fatture emesse in base ad essa.

I fornitori comunicati dagli esportatori abituali nelle dichiarazioni di intento acquisite dall’Agenzia delle Entrate possono accedere alle informazioni relative alle dichiarazioni d’intento con i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate consultando il proprio “Cassetto fiscale”. Tali informazioni possono essere consultate anche dagli intermediari già delegati dai fornitori ad accedere al proprio “Cassetto fiscale”.

 

Operazioni che concorrono a formare il plafond 

L’agevolazione prevista a favore di quegli operatori che effettuano le cessioni all’esportazione analizzate nei paragrafi precedenti e le altre operazioni non imponibili sottoelencate.

Le principali operazioni che concorrono a formare il plafond sono:

  • cessioni all’esportazione “dirette” e “improprie” di cui all’art. 8 co. 1 lett. a) e b) del DPR 633/1972;
  • cessioni di beni e prestazione di servizi assimilate alle precedenti ex art. 8-bis co. 1 del DPR 633/1972;
  • servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali di cui all’art. 9 co. 1 del DPR 633/1972;
  • operazioni con lo Stato della Città del Vaticano e con la Repubblica di San Marino (art. 71 co. 1 del DPR 633/1972);
  • operazioni non imponibili in base a trattati e accordi internazionali (art. 72 del DPR 633/1972);
  • cessioni intra-UE, comprese le triangolazioni comunitarie interne (art. 41 co. 1 e 2, art. 58 co. 1 del DL 331/1993);
  • cessioni intra-UE di beni prelevati da un deposito IVA, con trasporto o spedizione in altro Stato UE (art. 50-bis co. 4 lett. f) e g) del DL 331/1993).

Un esportatore abituale che svolge questo tipo di operazioni emette fattura in regime di non imponibilità verso in propri clienti, ricevendo al contempo fatture con IVA sugli acquisti dai fornitori.