09.12

ASPETTI FISCALI LEGATI ALL’INVIO ALL’ESTERO DEI LAVORATORI

La gestione fiscale dell’invio all’estero di dipendenti è fortemente condizionata da 2 fattori:

  1. il mantenimento della residenza fiscale in Italia o meno;
  2. la modalità di invio all’estero.

 

residenza fiscale

Relativamente alla prima tematica, in base all’art. 2, comma 2 del TUIR, si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone che per la maggior parte del periodo di imposta (almeno 183 giorni):

  1. sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o
  2. hanno in Italia il domicilio ai sensi del Codice Civile o
  3. hanno in Italia la residenza, ai sensi del Codice Civile.

Queste condizioni sono tra loro alternative.

L’elemento più complesso da valutare è, senza dubbio, il domicilio, definito come centro degli interessi vitali (personali, familiari ed economici).

Nei casi di invio all’estero però, l’analisi sulla residenza fiscale deve essere effettuata anche nell’altro Paese e, in caso di conflitto, anche ai sensi della convenzione in vigore tra i 2 Paesi coinvolti.

L’art. 4 di tali convenzioni, infatti, stabilisce i criteri per individuare la residenza fiscale in caso di lavoratore residente in entrambi Paesi in applicazione delle normative “domestiche”.

  1. In particolare, tali criteri sono nell’ordine:
  2. L’abitazione permanente, 
  3. Il centro degli interessi vitali
  4. Il soggiorno abituale
  5. La nazionalità, 
  6. Se con nessuno dei criteri sopraelencati si riesce a definire lo Stato di residenza, bisogna ricorrere alla procedura amichevole.

 

tassazione in italia: soggetto fiscalmente residente

Definire la residenza fiscale è fondamentale perché un soggetto fiscalmente residente in Italia è ivi tassato sui redditi ovunque prodotti (worldwide taxation principle), pertanto il reddito da lavoro dipendente relativo all’attività lavorativa svolta all’estero, viene assoggettato a tassazione anche in Italia. 

Al contrario, un soggetto fiscalmente non residente è tassabile in Italia sono sui redditi ivi prodotti, per cui se lavora all’estero è esentato da tassazione in Italia sul reddito da lavoro dipendente.

 

modalità di invio all’estero

Relativamente, invece, alla modalità di invio all’estero, quest’ultima condiziona la definizione del reddito imponibile, come meglio dettagliato di seguito:

  • Art. 51 Comma 5: Trasferta o missione al di fuori del territorio nazionale, la relativa indennità “concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente per la parte eccedente € 77,47, al netto delle spese di viaggio e di trasporto. In caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto. In caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio nazionale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto, nonché i rimborsi di altre spese, anche non documentabili, eventualmente sostenute dal dipendente, sempre in occasione di dette trasferte o missioni, fino all’importo massimo giornaliero di € 25,82”.
  • Art. 51 Comma 6 – Trasfertisti: “Le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, i premi agli ufficiali piloti dell’Esercito italiano, della Marina militare e dell’Aeronautica militare di cui all’articolo 1803 del codice dell’ordinamento militare, i premi agli ufficiali piloti del Corpo della Guardia di finanza di cui all’ articolo 2161 del citato codice, nonché le indennità di cui all’articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229 concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare”.
  • Art. 51 Comma 7 – Indennità di prima sistemazione: “le indennità di trasferimento, quelle di prima sistemazione e quelle equipollenti, non concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare per un importo complessivo annuo non superiore a € 4.648,11. (…) Se le indennità in questione, con riferimento allo stesso trasferimento, sono corrisposte per più anni, la presente disposizione si applica solo per le indennità corrisposte per il primo anno. Le spese di viaggio, ivi comprese quelle dei familiari fiscalmente a carico ai sensi dell’articolo 12, e di trasporto delle cose, nonché le spese e gli oneri sostenuti dal dipendente in qualità di conduttore, per recesso dal contratto di locazione in dipendenza dell’avvenuto trasferimento della sede di lavoro, se rimborsate dal datore di lavoro e analiticamente documentate, non concorrono a formare il reddito anche se in caso di contemporanea erogazione delle suddette indennità”.
  • Art. 51 Comma 8 – Indennità di distacco: “Gli assegni di sede e le altre indennità percepite per servizi prestati all’estero costituiscono reddito nella misura del 50 per cento”. Specifiche regole sono poi previste per i servizi prestati all’estero dai dipendenti delle amministrazioni statali.
  • Art. 51 Comma 8-bis – Retribuzioni convenzionali: “in deroga alle disposizioni dei commi da 1 a 8, il reddito di lavoro dipendente, prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398”.

Un approfondimento specifico è necessario in merito al citato comma 8-bis, applicabile nel caso di lavoratore fiscalmente residente in Italia, che svolga la propria attività all’estero, in via continuativa ed esclusiva per più di 183 giorni nell’arco di 12 mesi.

Come più volte chiarito dall’Agenzia delle Entrate, in tale ipotesi il datore di lavoro deve stipulare “uno specifico contratto che preveda l’esecuzione della prestazione in via esclusiva all’estero e che il dipendente venga collocato in uno speciale ruolo estero”. Relativamente ai requisiti di continuità ed esclusività del rapporto di lavoro, si considerano soddisfatti, quando il lavoratore svolge un incarico stabile, ossia non occasionale e l’attività lavorativa estera è l’unica attività che svolge l’individuo, non essendo accessoria o strumentale ad altre mansioni.

Poiché le retribuzioni convenzionali trovano la loro genesi in ambito previdenziale (per il lavoro svolto in Paesi non convenzionati) è stato l’INPS, di concerto con il Ministero del Lavoro, a dettare le regole per l’individuazione della corretta retribuzione convenzionale applicabile. In particolare, “per i lavoratori per i quali sono previste fasce di retribuzione, la retribuzione convenzionale imponibile è determinata sulla base del raffronto con la fascia di retribuzione nazionale corrispondente. Come previsto dalla Circ. INPS 72/1990, quando le retribuzioni convenzionali trovavano applicazione solo in ambito previdenziale, poi esteso in materia fiscale dal D.M. 14 gennaio 2015, art. 2. Per “retribuzione nazionale” si intende quanto previsto dal contratto collettivo, con l’integrazione di quanto riconosciuto per accordo tra le parti, inclusi bonus e scatti d’anzianità, con esclusione delle somme specificamente erogate in relazione al lavoro all’estero.

L’importo derivante deve essere diviso per dodici e confrontato con la fascia retributiva definita dalle tabelle ministeriali pubblicate ogni anno dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, in funzione dell’inquadramento dell’azienda e della qualifica del lavoratore.

Tale retribuzione convenzionale è onnicomprensiva e deve essere rivista in corso d’anno in caso di erogazione di compensi variabili.

 

credito per le imposte pagate all’estero

Nel caso di mantenimento della residenza fiscale in Italia con attività lavorativa svolta all’estero, il relativo reddito da lavoro dipendente viene assoggettato a tassazione sia in Italia (in base al principio di tassazione worldwide), sia nel paese di destinazione (sulla base del principio di territorialità). Al fine di eliminare/ridurre tale doppia tassazione, sono possibili due strade alternative, previste dalle convenzioni per evitare le doppie imposizioni:

a) Esenzione del reddito nel Paese di non residenza se:

  1. Il beneficiario soggiorna nello Stato di non residenza per un periodo o per periodi che non oltrepassano i 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato (oppure nell’arco di 12 mesi, a seconda della specifica convenzione presa in esame);
  2. Le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dello Stato di non residenza, ossia il reddito viene erogato esclusivamente dal datore di lavoro italiano;
  3. L’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nello Stato di non residenza, ossia la società italiana non riaddebita i costi alla società estera.

Tali requisiti devono essere contemporaneamente verificati. In caso contrario il Paese di non residenza provvede a tassare il reddito da lavoro dipendente e occorrerà attivarsi in Italia per l’ottenimento di un credito per la doppia tassazione, come previsto dall’art. 165 del TUIR che consente di scomputare dalle imposte dovute in Italia sui redditi esteri, le imposte pagate su tali redditi nello Stato estero.

Tale credito deve essere calcolato nel rispetto delle regole previste dal citato art. 165 (“se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo”).

Inoltre, “nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo, anche l’imposta estera va ridotta in misura corrispondente”.

Le tre condizioni per poter procedere al recupero del credito d’imposta, quindi possono essere così sintetizzate:

  1. La produzione di un reddito relativo ad una prestazione lavorativa all’estero.
  2. Il concorso di tale reddito alla formazione del reddito complessivo in Italia.
  3. Il pagamento nello stato estero di imposte a titolo definitivo

Il credito così calcolato potrà essere richiesto alternativamente:

  • In dichiarazione dei redditi (modello 730 o modello Redditi);
  • In sede di conguaglio fiscale di fine anno.